La seconda Impresa
le 4 (+6 minori) vette in un giorno
Nella vita può capitare, a volte, di cambiare idea su alcune cose, specie se intervengono fatti nuovi o sensazioni nuove che ti spingono a modificare una decisione che credevi di aver già preso. Chi avesse letto l'articolo “L'impresa – le 4 vette in un giorno solo” si ricorderà che concludevo il pezzo dicendo che la cosa sarebbe stata irripetibile e che probabilmente era anche giusto così. Sono passati 5 anni da quel giorno, e un po' il gusto delle bellissime sensazioni provate, un po' la voglia di nuove sfide, hanno fatto si che progettassi nuovamente qualcosa di simile, senza però essere una mera ripetizione di quanto già affrontato, ma rimanendo nella stessa meravigliosa zona, definita dalle associazioni naturalistiche “Il Parco che non è”, degna dell'istituzione di un parco nazionale che purtroppo al momento tarda ad arrivare.
Percorrendo in questi anni praticamente tutti i sentieri della zona ho potuto notare che affrontare lo stesso percorso nelle due direzioni di marcia, in salita o in discesa, faccia cambiare completamente la prospettiva di ciò che si affronta, quasi come si percorressero due itinerari diversi, anche dal punto di vista degli scorci panoramici che si colgono, nonostante si stia effettivamente camminando nello stesso tracciato.
Così ho maturato pian piano il desiderio di riaffrontare il percorso delle 4 vette in senso contrario rispetto alla prima volta, partendo quindi dal Catria, per proseguire con l'Acuto, il Petrano ed infine il Nerone, aggiungendovi, per quanto possibile, una collezione di vette secondarie che si incontrano nel tragitto, in modo da ottenere un'esperienza completa su tutto il territorio attraversato, senza tralasciare nessuno dei meravigliosi angoli a disposizione.
Con questo spirito, dopo alcuni tentativi andati a vuoto negli ultimi due anni (non sempre le cose riescono al primo colpo, soprattutto se come in questo caso sono così difficili.... questa volta si tratta di 53km di lunghezza accompagnati dai “soliti” 4100 metri di dislivello, è veramente dura), mi accingo dunque ad affrontare questa giornata, partendo come di consueto da casa alle 3.30 del mattino (!!!) alla volta di Valdorbia, piccolo e silenzioso paesino ai confini meridionali del massiccio del Catria, da dove intendo iniziare l'avventura.
Parto alle 4.40, avvolto nel profondo silenzio che precede l'alba, imboccando il sentiero 29 con ancora poca luce sul percorso (ma per questa prima parte non serve, si tratta di un primo tratto su traccia evidente che attraversa alcuni boschetti alzandosi sopra la valle del torrente Sentino), solo con i miei pensieri e determinato a portare a termine il "folle" proposito.
E' una giornata piuttosto fresca, anzi, direi addirittura freddina a quest'ora, e visto il ricordo degli anni precedenti penso che la cosa non possa che volgere a mio vantaggio, giacché più tardi il sole inizierà a picchiare e mi farà soffrire non poco, quindi l'aria fresca potrebbe salvarmi ed aiutarmi a proseguire quando le cose si faranno più difficili.
Appena esco dal tratto boschivo si para dinnanzi a me la maestosa cresta del Corno, un ambiente roccioso e selvaggio, quasi incredibile considerando che si trova comunque in appennino su una montagna da 1700 metri di altitudine, ma lo so, il Catria è così, chi non ci è ancora stato non sa veramente cosa si perde...
Affronto la difficile cresta con incedere deciso, sono ancora ovviamente molto fresco, riesco a salire bene anche se è molto dura, in alcuni passaggi devo utilizzare le mani perché la roccia, sebbene fornisca molti appigli, si presenta quasi verticale, e guardare giù regala quel pizzico di brivido che, se preso a giuste dosi (mai eccedere e mettersi in situazione di pericolo), è sempre una sensazione vagamente piacevole.
Superato il tratto esposto, che comunque non è più lungo di qualche passo, aggiro la sella e completo la risalita mediante l'Anello Castellani, un percorso attrezzato che si riesce ad effettuare senza l'ausilio di corde (arrampicata di II grado), e giungo in vetta al Corno quando sono appena passate le 6 del mattino.
Il tempo impiegato (poco per i miei standard) mi aumenta le sensazioni positive, quindi affronto la successiva salita della Balza degli Spicchi (il bel sentiero 56, molto panoramico) con passo leggero e spirito rinfrancato, fiducioso che questa possa, finalmente, essere davvero la giornata giusta.
Raggiungo la vetta del Monte Catria, il punto più alto di tutta la provincia, alle 7.25, con più di mezz'ora di vantaggio sulle previsioni più ottimistiche, e mi fermo giusto un paio di minuti a godermi lo sconfinato panorama che si può ammirare da qui, particolarmente apprezzabile in una giornata limpida come quella odierna, prima di intraprendere il rapido percorso che conduce in poco tempo al Rifugio Vernosa e quindi alla sella dell'Infilatoio.
Mi aspetta la seconda vetta (principale) della giornata, il Monte Acuto da affrontarsi dal versante più "semplice", quello che sale (sentiero 58) dal prato soprastante il rifugio Cupa delle Cotaline, un percorso dalle pendenze costanti che rapportato a quanto ho già superato risulta essere piuttosto piacevole, sicché senza quasi accorgermi mi ritrovo in vetta, accanto al cumulo di sassi che ne segna il punto preciso, che non sono ancora le 8.30... fantastico per i miei piani, ho accumulato un vantaggio notevole che mi sarà preziosissimo nel prosieguo della giornata.
Mi colpiscono particolarmente l'azzurro intenso del cielo, rilassante, e la splendida luce che il mattino fornisce a tutta la zona, mentre osservo un altro mega panorama a 360°, soffermandomi con un certo interesse sull'imponente sagoma del Monte Nerone che si staglia lontana sullo sfondo... So che devo giungere fin lì, so che è lontanissimo, ma sono determinato e voglioso.
La discesa dall'Acuto è molto tecnica, 500 metri di dislivello praticamente in picchiata, passando dalle affilate rocce della parte sommitale ai lunghissimi ghiaioni che si trovano a quota meno elevata, ma ancora una volta la supero molto bene, raggiungendo in breve la Bocca della Valle, dove inizio ad incontrare le prime persone (finora ero stato assolutamente solo) salite per godersi la splendida giornata di inizio estate.
La breve salita al Monte Alto mi porta ad imbattermi, invece, con i tipici "abitanti" della zona, un branco di bellissimi cavalli al pascolo, che presidiano la vetta costringendomi a passare in mezzo a loro, mostrandosi tra l'altro poco infastiditi dalla mia presenza (che tende ad essere il più discreta possibile).
Superata la cima ed i vicini prati del Tenetra (altra vetta segnata sulle carte, ma in questo caso si tratta più di un altopiano ed il punto più alto è quasi indistinguibile dal resto del prato che si stende a perdita d'occhio) inizio a scendere dal massiccio del Catria verso la valle del Burano seguendo l'incerto sentiero 75, apprezzando come sempre gli scorci panoramici che ogni passaggio mi offre ed iniziando a sentire un po' di caldo, cosa normale ma che mi distoglie un attimo dalla sensazione di "perfezione" vissuta fin qui.
Il primo problema della giornata, forse l'avevo inconsciamente preventivato, arriva quando raggiungo FonteLaLama, che ben conoscevo per le sue acque rigeneranti e che invece si trova in condizioni di non fruibilità, con la poca acqua che si immette direttamente nella grande vasca-abbeveratoio non permettendomi di riempire la borraccia.
Le cose non vanno meglio alla successiva fonte, che dista poche centinaia di metri ma che versa nelle medesime condizioni, così mi trovo con scorte idriche ridotte al lumicino quando devo affrontare la salita che temo di più, l'assolata ascesa al Petrano che, per quanto l'aspetto apparentemente pacifico e tranquillo della montagna non possa farlo presagire, mi ha sempre riservato anche nei tentativi precedenti delle brutte sorprese...
Giungo comunque a Pontedazzo prima delle 11, un tempo su cui avrei messo non una ma dieci firme prima di partire, quindi affronto la salita con determinazione nonostante i timori dovuti alla scarsità d'acqua.
In questo tratto, purtroppo, devo sempre inventarmi qualcosa per poter salire in maniera dignitosa, giacché il sentiero 71, che sarebbe l'unica via che affronta il Petrano da questo versante, non è di fatto praticabile versando in condizioni disastrose, completamente inghiottito dalla vegetazione nella parte bassa e assolutamente privo di segnaletica in quella alta, con il risultato che ogni volta che l'ho affrontato ho perso almeno un'ora compiendo giri assurdi per individuare la giusta direzione.
L'alternativa è passare su di un ripido pratone, senza traccia salendo a vista tra le ginestre che lo punteggiano, colpiti anche dal temibile sole di mezzogiorno che accompagna implacabilmente il mio incedere.
Inutile negare le difficoltà in questo tratto, e quando raggiungo il pianoro subito sotto la vetta e scopro che nemmeno le sorgenti presenti in zona erogano acqua (eppure è stato un inverno piovoso... che seccatura!), inizio a temere il peggio.
Raggiungo la vetta del Monte Petrano quasi stremato, salvato dalla crisi di sete soltanto dalla preziosa frutta che, fortunatamente, mi ero portato con me, in un tempo ancora molto buono (sono le 13 circa), ma abbattuto dalle mie condizioni fisiche.
Non posso però credere che la fontana in fondo all'area attrezzata del Petrano, almeno lei, non mi fornisca l'acqua di cui ho bisogno, così mi lancio in discesa dalla cima attraversando bar e campeggio, fino a raggiungerla quasi fosse un'oasi nel deserto...
In effetti almeno qui l'acqua è presente, mi concedo 10 minuti di pausa per mangiare all'ombra delle panchine adiacenti la fontanella e riparto, rinfrancato anche se ancora un po' stanco e scosso dalle difficoltà della salita, consapevole che ne manca una più dura.... però ho ancora tanto tempo prima che faccia sera.
Il sentiero 72, che mi conduce verso Moria all'ombra delle alte pareti del versante sud del Petrano, è piacevole e fresco, e presenta una traccia nitida e ben individuabile (una delle poche di giornata, purtroppo... la manutenzione dei sentieri di tutto il comprensorio lascia ahimè parecchio a desiderare), resa più marcata del solito dagli evidenti segni del passaggio di parecchi appassionati di mountain bike che devono aver scoperto ed apprezzato questo bel percorso.
Per giungere a Pianello è necessario il passaggio su asfaltata, in quanto il sentiero si perde completamente tra le ortiche nelle vicinanze della fonte che si trova subito dopo l'abitato di Moria e per una volta, contrariamente alle mie abitudini, non disdegno del tutto il tipo di fondo che mi permette comunque di recuperare preziose energie in vista del tratto finale, dove dovrò dare fondo alle residue energie per sperare di riuscire nell'impresa.
Da Pianello a Cerreto seguo il sentiero 20, che anche qui è in buona parte su asfalto, giungendo al paesino alle 16.30, dopo aver già percorso quasi 12 ore di cammino, logicamente stanco ma conscio di aver dilatato ancora il vantaggio sulla tabella di marcia, so che devo salire di altri 1000 metri ma il tramonto è lontano, devo farcela, oramai ci sono!
La salita sul sentiero 24 mi riserva, nella parte iniziale, una sorpresa (positiva) inaspettata, già mi immaginavo perso tra i rovi che di solito rendono difficilissimo il passaggio, che sono stati invece tagliati di recente, permettendomi di salire senza troppi problemi.
La novità mi carica di energie inaspettate, così inizio a salire il ripido prato con buon passo, quasi meravigliandomi di avere ancora una riserva intatta dopo tutto questo tempo, e mi solletica l'idea di inserire nel percorso anche la vetta del Cimaio, che si trova leggermente discosta dal percorso che intendevo seguire, ma che è paesaggisticamente molto affascinante.
Nel giro di poco tempo la decisione è presa, effettuo una deviazione netta rispetto al sentiero tagliando uno dopo l'altro i tornanti della strada che sale al Nerone e mi avvio verso questa nuova meta, già ben individuabile sullo sfondo.
L'ultimo tratto prima di giungere al Cimaio è veramente impressionante, si tratta di una cresta molto ripida che, visto il dislivello che già avevo nelle gambe, azzera completamente le mie ultime energie, e quando arrivo sulla bella vetta provo una sensazione contrastante, mista tra il piacere di godere del panorama sottostante (una balza strapiombante di più di 100 metri molto caratteristica) e il timore di avere dato fondo alle ultime riserve, con ancora almeno 400 metri di ascesa finale da compiere...
Superato il Cimaio mi avvio, molto lentamente in verità, sul tratto che conduce alla Montagnola, approfittando della presenza della preziosa fonte (questa fornisce acqua, per fortuna) che si trova lungo il cammino.
Oramai è sera, di tempo ne ho parecchio anche se sono stremato, inizio a pensare di avercela fatta anche se non so dove trovare le energie per gli ultimi metri, sarebbe veramente una beffa mollare quando la cima del Nerone è già in vista...
Superata l'ultima cresta, il paletto di ferro che si trova in vetta alla Montagnola mi accoglie dopo 15 ore di cammino, sono le 19.40 e ho ancora 2 ore circa di luce, sono lentissimo e stremato ma manca poco, si sta facendo freddo (quasi troppo però.. ma tant'è) e devo farcela.
Percorro l'ultimo tratto ripensando a tutta la giornata, a quanto è stata dura ma alla soddisfazione che mi ha portato, vedendo la sagoma del Monte Nerone e le antenne in vetta sempre più vicine a me, fino ad arrivare quasi a toccarle...
Alla fine, arrivo in vetta alle 20.40 (veramente lento questo ultimo tratto, ma credo sia comprensibile), dopo 16 ore di cammino, con il sole che non è ancora tramontato e mi regala un ultimo paesaggio da sogno, andando a concludere (apparentemente, s'intende) il suo cammino di giornata nella zona nord dell'appennino pesarese, nei pressi dei sassi Simone e Simoncello.
Dunque, ce l'ho fatta di nuovo, ho infilato le 4 vette in un solo giorno, aggiungendovi anche 6 cime minori attraversando tutto il comprensorio che amo tanto, di quella zona che spero in futuro possa essere valorizzata come merita, con l'istituzione di un'area protetta che preservi questo ambiente magnifico.
Avevo dato appuntamento alla solita "squadra di recupero" alle 21.30, quindi ho del tempo supplementare che utilizzo per.... camminare ancora, nonostante le mie gambe non ne abbiano più, dal momento che rimanere fermi a questa quota quando si fa sera potrebbe non essere propriamente salutare (fa molto freddo!).
Con le gambe pesanti ma il pensiero leggerissimo affronto quindi, sulla strada che scende dalla vetta, un ulteriore tratto di circa 5km, ripensando continuamente alle sensazioni provate e lasciandomi rapire dalle prime ombre della sera in cui splendono migliaia di lucciole, che mi fanno ripensare a quando ero ragazzino e passavo le mie estati in questa stupenda zona.
Quando vengo "recuperato" sono già in vista di Serravalle di Carda (anche se dall'alto di 300 metri di quota, intendiamoci), stremato nel fisico ma felice, convinto questa volta di aver dato il massimo e di non potere, almeno in una giornata, fare di più (nonostante lo dicessi anche l'altra volta, poi invece sono di nuovo qui a raccontare questa storia).
Il totale della giornata reciterà 17 ore di cammino, 53 chilometri, 4100 metri di dislivello in salita e 3500 in discesa, che altro dire, fantastica esperienza, che mi porterò dietro a lungo.